boys don't cry

Lavorare sui treni non è facile. Quando tu rappresenti qualcosa, e questo qualcosa funziona male, i ruoli come il mio sono ancora più pesanti. Siamo sotto pressione e siamo il bersaglio dei viaggiatori infuriati per disservizi e ritardi. Nei posti del sud poi io mi sento ancora più sotto pressione, perché sono omosessuale, sì, ora si dice gay, poi perché non sono giovane, e infine perché mi si leggono entrambe le cose in faccia. Per la gente ignorante o superficiale io sono qualcosa di ben definito, qualcuno da additare, se non addirittura da deridere o commiserare. Oh, beninteso, non lo fanno: faccio pur sempre il controllore, sono qualcosa che somiglia a una giustizia. Che io sia... una vecchia checca, o ricchione, come ho imparato a sentirmi definire al sud, possono solo pensarlo. Odio la volgarità di questi termini, ma ho imparato a farmeli scivolare addosso. Oh, nessuno me lo ha mai detto in faccia, finora, non in treno. Io rimango gentile e cordiale, severo se serve, mai ciecamente fiscale: in tanti anni di viaggi sui treni di tutta Italia ne ho viste così tante che con l'età mi sono ammorbidito, come è giusto che sia e come dovrebbero capire tante persone, giovani e non. Ma questa non mi era ancora capitata, e quel che ancora non mi era capitato non è una sola cosa, ma un insieme di eventi scaturiti tutti dalla stessa persona. Stamattina, treno metropolitano, percorso breve, molte fermate. Poca gente, molti giovani. Beh, quelli che per me sono giovani, ossia fino ai quarant'anni. Questa ragazza, sola nello scompartimento, era di età indefinibile, venti come quaranta, quindi comunque giovane per me. Non che ci sia molto da dire, ma sono quelle cose per cui ancora posso dire di amare il mio lavoro, quelle cose che danno un senso a tutto, ben più che alla singola giornata. Questa ragazza mi attirava, ed è la prima cosa strana, perché a me piacciono gli uomini: ma aveva contemporaneamente qualcosa di molto femminile e molto maschile, e ora non mi interessa identificare cosa dell'una e cosa dell'altro, ma mi piaceva. Non era androgina: era proprio nettamente l'una e l'altra cosa. Mi piaceva nella sua totalità. Questa ragazza piangeva, e questa non è una novità nella mia storia di controllore. Ma piangeva come un uomo, senza piangere. Lacrimava a muso duro. Piangeva come ho visto piangere solo gli uomini, fiera e sola, anzi, solo gli uomini di una certa età, tipo la mia. Ho pensato d'istinto non ho mai visto piangere un uomo in un mio treno, poi mi sono corretto per l'errore. Ma in un certo senso non era un errore. E non potevo comportarmi affettuosamente come con una ragazza, perché mi sarebbe sembrato fuori luogo. Sarei voluto andare da qualcun altro a controllare il biglietto, ma il vagone dove era salita era completamente vuoto. Non potevo sviare, far finta di non averla vista. D'altra parte mi aveva notato e aveva già tirato fuori il biglietto. Poi è successa questa cosa, quest'altra cosa che non mi era mai capitata. Mi ha accolto. Prima che arrivassi accanto al suo posto, si è protesa verso di me, inclinando un po' la testa da un lato, allungando quel braccio magro, muscoloso e abbronzato con cui mi stava porgendo il biglietto. E nel fare tutto questo, nel continuare a piangere, mi ha regalato il più bel sorriso a occhi lucidi che io abbia mai visto. Quegli occhi azzurri, o forse verdi, o forse di entrambi i colori, completamente invasi dall'acqua mi guardavano, mi chiamavano e mi rassicuravano di non essere invadenti con un sorriso. Mai mi era capitato di vedere solo gli occhi, in maniera così intensa. Ogni volta che ci ripenso, tutto il resto scompare. Non ho fatto niente. Ho restituito il sorriso, fissando a lungo tutta quell'acqua intrusa, piazzata là a separare i miei occhi dai suoi, a proteggere i suoi occhi dai miei. Ho finito il giro di controllo con la sensazione di avere le sue lacrime addosso. Ho cercato di ricordare se mi fosse mai capitata una cosa del genere, e ho pensato di raccontarla al collega capotreno: poi ho rinunciato, temendo di esser preso per un vecchio pazzo visionario o un contapalle romantico. Forse è vero. Forse sono proprio una vecchia checca romantica, e me lo sono immaginato per avere una scusa per raccontarlo. Per raccontare delle mie debolezze e dell'unico ragazzo che io abbia mai visto piangere e sorridere in treno. Ops, chiedo scusa.

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