luci

Esce di nascosto sul balcone per vedere chi è che ha fatto rumore spostando le sedie sul terrazzo.
Sono io quella che ha fatto rumore. Non si trattiene: "Dio mio come sono diventati lunghi i tuoi capelli". I miei sensi rispondono con un "se fossimo ancora amici potresti perfino toccarli" ma la mia immaginazione si ferma sulla soglia del dolore, perché non siamo più amici da così tanti anni che nemmeno ricordo il conto totale. Non mi ha rivolto la parola ed è meglio così.
Poi, solo qualche minuto dopo ha già cambiato volto nome e storia, mentre ne sfoglio le foto, non foto con lui dentro ma foto scattate da lui, sempre lontano, sempre estraneo, sempre non più amico: non è più sul mio terrazzo o sul suo balcone ma solo nella mia testa, è lui che mi ha insegnato a innamorarmi delle mie foto, dopo che lo avevo fatto con le sue. "Nemmeno tu vuoi toccare i miei capelli? Tu lo facevi. Amavi i miei capelli e la mia bocca.". Ora i miei capelli sono più morbidi e la mia bocca più dura, se li guardi insieme. Devi saperlo che i miei capelli possono diventare più crespi e la bocca si fa facilmente sciogliere, altrimenti ti fai ingannare: lui lo sapeva e superava il test ogni volta. Il riassunto di quel che sento di lui e per lui sono una mano piatta sulla gola e l'altra sulla nuca con le dita ben incastrate nei capelli, strette forte dentro ai ricci per non farli scappare, e qualche decibel molto basso in un orecchio.
Sono sempre riuscita a sentire tutti i suoni troppo bassi per gli altri, ma devo ancora imparare ad ascoltare le parole troppo forti per me.

Sezione: 
Catemera