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Ho perso il conto dei tempi sospesi. Quando cominci a baciare qualcuno e nel giro di qualche istante è passata mezz'ora di baci e ti aggrappi alle sue ginocchia e però sarebbe ora di ricominciare a baciarlo. La sensazione più comune che mi rimane nel quotidiano è l'accumularsi di sensazioni immaginate. Immaginare di conficcare le unghie in un jeans, immaginare il rumore che fa il jeans, immaginare il fastidio delle unghie che strusciano, immaginare la differenza tra caldo e freddo quando finalmente toccano la pelle, i peli delle gambe, il nodo delle ginocchia. Ricostruire in testa le venature degli occhi, di un paio di occhi qualsiasi, sentire battere il cuore spaurito quando ad ogni istante le pupille tremolanti si voltano a sinistra a destra a sinistra e ancora a destra con la stessa fragilità con cui un uccello finito per sbaglio in casa accetta di farsi prendere tra le mani e prima di morire d'infarto si fida e si fa liberare. I tempi sospesi dei pomeriggi passati a chiacchierare o ad ascoltare musica rendendosi conto del trascorrere delle cose solo perché si fa buio e le luci cominciano ad accendersi. Odio l'inverno che si avvicina anche se per ora mi promette di rimanere un po' più caldo, odio il freddo che dovrò fronteggiare perché l'unico motivo per me per riuscire a superare il freddo è ucciderlo insieme al caldo di qualcuno. Odio la mia camera da letto fredda perché non basto io a riscaldarla, e le lenzuola cedono alla mia temperatura solo a notte fonda, loro cedono ma io non mi arrendo.
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