queremos paz
Ho attaccato la musica per cercare un ricordo. Che è l'unico modo che io abbia al momento per dire qualcosa, perché passato ne ho tanto, presente molto poco, futuro zero. Il finto tango mi mostra una fotografia in controluce davanti alla finestra del secondo piano e mezzo sulla strada più trafficata e calda di Firenze, quando stavo cominciando a illudermi di aver trovato la persona giusta e la mia ispirazione cercava di darle forma di musa guardandomi con quelli che presumevo fossero i suoi occhi. Avevo una sola bocca e non bastava. Aveva un solo corpo e non mi bastava. Aspettavo che le giornate portassero via il nostro scoprirsi e scoprirci, aspettavo che diffondessero quella tranquillità che deriva dal conoscere le risposte dell'altro, o anche solo immaginarle. Scendevo in mezzo alla gente per andare a spostare le macchine nel giorno di lavaggio strade e mi sentivo sana, anche se stanca e incompiuta. Facevo tanti giri per trovare posto e guardavo tutte le persone che incrociavano il mio sguardo. Ero tra gli altri e non me ne pentivo. Quel giorno caldo a casa dei suoi amici mi prese le mani e mi trascinò a darmi baci senza aspettare di essere solo, e sul terrazzo inumidito dall'estate la città buia illuminata forte mi sembrò qualcosa a cui potessi sperare di appartenere. C'era perfino la sua vecchia fiamma, forse ce n'era più di una ma mi sentivo sicura. Era una rivincita sulle mie insicurezze.
Tornammo a casa tardi, più tardi del solito, e la stanza aperta sul buio rumoroso della strada di notte ci sembrò piccolissima.
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